03-06-2019
SENSO CIVICO
Secondo i dati riportati da un recente sondaggio condotto dall’Ipsos (istituto demoscopico), circa il 40% degli italiani crede che per migliorare il senso civico servano sanzioni, mentre il 55% ritiene ci sia bisogno di educazione, non di punizioni. Insomma, poco più della metà degli italiani pensa che non sia la multa data al cittadino che non fa la raccolta differenziata o che parcheggia fuori dagli spazi consentiti a mettere a posto le cose, ma che a fare la differenza sia l’educazione; in definitiva, molti sono convinti che si possa imparare il rispetto per gli altri, per il gruppo, per la comunità e quindi sentire il senso di responsabilità, oltre che di appartenenza.
Ma è possibile insegnare il senso civico? Forse solo in parte, perché più che la teoria, vale l’apprendimento per imitazione. L’unico modo davvero efficace è l’esempio.
Non basta conoscere la teoria, è fondamentale anche dimostrare di avere per primi rispetto per le istituzioni, per le leggi, per le persone e i luoghi in cui viviamo. Questo è il modo migliore per trasmettere i principi della convivenza civile anche a chi abbiamo vicino, in primis alle nuove generazioni. Che il senso civico si formi soprattutto in famiglia sembra essere chiaro ad almeno il 41% dei nostri connazionali. Certo la scuola può fare molto, ma, se quello che è trasmesso nelle aule poi non trova riscontro a casa, a nulla serve.
E’ inutile infatti sperare che gli studenti imparino a gettare le cartacce nel cestino adibito a tale scopo a scuola se a casa vedono i genitori non curarsi della raccolta differenziata.
Pensiamo che incrementare il tempo per l’educazione civica in classe è utile ed importante, ma non è sufficiente. I primi educatori sono, infatti, i genitori. Non si può sempre pensare che la scuola sia l’unica agenzia educativa perché non può e non deve sostituirsi a mamma e papà, i primi responsabili nell’educazione dei figli. Se i genitori si comportano in modo rispettoso e corretto, è molto probabile che i loro bambini imparino ad esserlo a loro volta.
E lo Stato? Beh, gli italiani non vedono più da tempo la classe dirigente come modello virtuoso per tanti motivi, che sono purtroppo evidenti a tutti. Certo, non bisogna generalizzare, ma in questo frangente storico sono pochi i politici realmente in grado di dimostrare coi fatti e non a parole di essere degli esempi e delle guide, quindi la sfiducia degli italiani non può essere biasimata più di tanto.
Più in generale, la maleducazione e il malcostume imperante hanno portato molti a chiudersi in se stessi, a divenire sempre più diffidenti nei confronti del prossimo e a sperare sempre meno in un possibile cambiamento dello status quo. In effetti è difficile non scoraggiarsi di fronte ai rifiuti lasciati lungo le strade, alle cicche lanciate dal finestrino, alle deiezioni dei cani non raccolte, agli atti di vandalismo, alla quasi impossibilità di attraversamento in sicurezza sulle strisce pedonali, all’arroganza e all’egoismo di troppi furbacchioni. A volte si è così delusi che si perde persino la forza di protestare, rischiando di cedere, sconsolati, al “così fan tutti” e al “tanto non cambierà nulla”. Invece non abbassare la testa, proporre esempi positivi, denunciare furberie e intrallazzi è dovere di tutti e uno dei pochi modi per arginare il problema.
Le sanzioni indubbiamente servono ma non bastano. E’ più facile escogitare punizioni piuttosto che spendere energie nella pratica quotidiana dell’educazione. Tuttavia per cambiare le cose davvero è necessario modificare la mentalità, educando al bello, al rispetto dell’ambiente, ad evitare lo spreco delle risorse, alla pratica della gentilezza. Un ottimo modo per sviluppare questi valori nelle nuove generazioni è il coinvolgimento in attività pratiche legate alla propria realtà territoriale (la pulizia del quartiere, per esempio, e il contatto vivo con le istituzioni), insieme magari ai genitori, così che il messaggio venga trasmesso o ravvivato anche in loro.